L’azienda di Milano in cui si lavora un giorno in meno ma si viene pagati uguale (da Milano Today)

Si chiama Carter & Benson la società di consulenza strategica e ricerca di top manager con sede a Milano in Foro Buonaparte dove i dipendenti adesso lavorano un giorno in meno, pur continuando a percepire lo stesso stipendio.

Chi non vorrebbe essere al loro posto?

Il tema della settimana lavorativa corta torna periodicamente ad alimentare appassionati dibattiti e sempre più aziende e paesi.

Nella logica contorta di alcune culture organizzative dove i lavoratori per provare il proprio impegno, spesso, rimangono in ufficio ben oltre il proprio orario, in alcuni casi anche senza che ve ne sia un reale bisogno, la speranza è che la pandemia e le nuove modalità di lavoro ibrido, in parte a distanza e in parte in presenza, possano cambiare una volta per tutte questo modo, ormai vetusto e anacronistico, di pensare.

Ecco cosa dice il  Ceo di Carter & Benson, Williamo Griffini sui benefici della settimana corta e sulla possibilità che un giorno possa diventare la consuetudine.

Un nuovo modello

“L’idea di ridurre la settimana nella nostra azienda – continua il Ceo – nasce da una riflessione su come far star bene le persone che lavorano per me e dalla convinzione che il loro lavoro deve essere qualitativo e basato su relazioni di fiducia, non di controllo. Volevamo dare un benefit che fosse qualcosa di più di due ore di sport, di un coffee break o di un buono pasto, che tra l’altro già offriamo. Avere maggior tempo a disposizione rende sicuramente più motivate le persone e la nostra squadra più stabile. Ma alla base di questa scelta c’è la convinzione che tutti possiamo vivere meglio con un maggior equilibrio tra vita privata e lavoro”.

In Carter & Benson la sperimentazione di una nuova modalità di lavoro era iniziata a gennaio 2020 con la riduzione di 4 ore di lavoro alla settimana a parità di stipendio e benefit. Poi, visto il successo di questo progetto sperimentale, a gennaio 2021 è stata presa la decisione di ridurre la settimana lavorativa a quattro giorni, sempre con lo stesso stipendio. I dipendenti dell’azienda già da anni, per la precisione dal 2006, potevano aderire liberamente allo smart working e al remote working, oltre ad avere la possibilità di dedicare alcune ore all’attività sportiva. La gestione del lavoro è quella del Mbo (management by objectives), che consente di valutare i dipendenti sulla per gli obiettivi raggiunti in base a quelli prefissati. L’organizzazione della giornata è così affidata agli stessi lavoratori che, rispettando gli impegni e le scadenze, in armonia con le esigenze del team e dei clienti, possono riempire la propria agenda anche in funzione delle necessità personali e familiari.

“Ho una dipendente che da 13 anni lavora da Imperia e lo fa benissimo, è una delle più brave – continua il Ceo -. Ora con un giorno lavorativo in meno a settimana, tutti lavorano 32 ore avendone pagate 40. Inoltre, da noi non esistono cartellini, nessuno timbra! Quello delle ore fisse è un obbligo imposto dal contratto nazionale, ma in verità qui non c’è bisogno di nessun  controllo di entrate e uscite, perché sono tutti molto responsabili. I nostri dipendenti guadagnano da 1200-1400 euro quando sono a livello junior fino ad arrivare a payroll molto più importanti nel caso di ruoli dirigenziali”.

“Il nostro contratto nazionale del lavoro ha 50 anni ed è strutturato sul principio in base al quale il datore paga in cambio del tempo del lavoratore – continua Griffini -. Purtroppo ancora oggi non abbiamo alcun riferimento legislativo a tematiche di merito e responsabilità. Tutto il mondo del lavoro gira intorno al concetto tempo-stipendio, tempo-denaro. Tuttavia, il buon senso e la lungimiranza di alcuni imprenditori, ha fatto sì che le loro aziende adottassero modelli diversi anche in assenza di un contratto nazionale. Da queste riflessioni, a un certo punto del mio percorso, mi sono chiesto se cambiando modello avrei potuto generare una squadra più unita e coesa. E mi sono detto: ‘perché non farlo?'”.

“Lavorare oltre il dovuto? È fuori moda”

“Cosa penso di chi si ostina ad allungare sempre più i tempi di lavoro? – ci dice il Ceo di Carter & Benson -. Queste cose sono passate un po’ di moda queste cose e il modello sarebbe da rivedere. Lavorare più del dovuto non ha senso. Il risultato sarebbe solo una maggiore quantità ma non certo una qualità del lavoro. Nelle industrie, per esempio, se si vuole competere con i volumi di produzione ci si scontra con antagonisti come la Cina, con un asset industriale che per le aziende italiane non è sostenibile”.

E la ricetta per cambiare le modalità di lavoro secondo Griffini è quasi del tutto culturale: ad essere innescata deve essere una logica di scambio e restituzione, ma perché questo avvenga ci vuole tempo, bisogna generare e consolidare abitudini che per molte realtà aziendali sono inedite. “Se chi adotta la nuova modalità di lavoro riesce ad avere al suo interno i migliori talenti, offre un’ottima qualità del servizio e conseguentemente ottiene più consensi dal mercato, si ha la conferma che, nonostante tutto si è sulla strada giusta”, dice Griffini, convinto che quello adottato da Carter & Benson sia assolutamente un modello replicabile in ogni economia. Il tutto a favore di un bene comune che alla lunga porta moltissimi effetti positivi.

“Io sono soddisfatto, di questa scelta perché i miei dipendenti possono lavorare in autonomia, con maggiore motivazione e libertà, senza essere costantemente assillati da controlli esterni, raggiungendo risultati qualitativi migliori – continua il Ceo -. Pur avendo la consapevolezza che questa nuova modalità di lavoro comporti talvolta una riduzione dei margini, sono convinto che sia una spinta per una crescita responsabile. Infatti tutto questo mi dà l’opportunità di poter inserire nell’organico nuove risorse e investire in nuove tecnologie, importanti e imprescindibili elementi per ottimizzare costantemente i servizi che offriamo ai nostri clienti”.

“Per noi – chiosa Griffini – ridurre la settimana a quattro giorni lavorativi è stato un significativo passo nell’ottica del welfare aziendale e della social responsibility, per i nostri dipendenti si è tradotto in una maggiore disponibilità di libertà e di tempo, per sè e la propria famiglia. In questo modo le persone sono meno stressate e più felici e questo le porta anche a lavorare meglio e con maggiore coinvolgimento e senso di responsabilità. Avere a disposizione più tempo, che è il bene più prezioso, è fondamentale”.